Ultima modifica: 1 Marzo 2014
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EDUCARE ALLA LEGALITA’: UN IMPEGNO QUOTIDIANO

E’ necessario che la scuola offra ai giovani l’immagine coerente di “luogo” dove i diritti e le libertà di tutti, nel reciproco rispetto, trovino spazio di realizzazione, dove le aspettative dei ragazzi ad un equilibrato sviluppo culturale e civile non vengano frustrate.

Nel 1993, a ridosso delle stragi di Capaci e di via D’Amelio, che tanto dolorosamente hanno segnato il nostro Paese, il Ministero dell’Istruzione emanò una circolare (C.M. 302/1993) che, sotto certi aspetti, risulta ancora oggi molto attuale e ricca di sollecitazioni per il mondo della scuola e, più in generale, per tutti coloro che si occupano dell’educazione.

Può quindi essere interessante riproporne, qui di seguito, alcuni passi salienti:

 “Il contesto storico-sociale nel quale la scuola italiana si trova attualmente ad operare, richiede da parte di tutti gli operatori scolastici una sempre più rigorosa e puntuale attenzione per alcuni aspetti assai preoccupanti delle vicende nazionali, che sembrano registrare una obiettiva diminuzione della consapevolezza del valore della legalità. […]

Pertanto, la responsabilità, che la scuola si è sempre assunta, di educare i giovani alla società assume oggi aspetti di particolare coinvolgimento e va concretizzata in un rafforzamento dell’educazione alla legalità.

[…]La scuola, in collaborazione con le altre istituzioni competenti e responsabili, deve pertanto ricercare e valorizzare le occasioni più propizie per avviare un processo di sempre più diffusa educazione alla legalità, come presupposto etico e culturale di una contrapposizione decisa a tutti i fenomeni di criminalità.

L’educazione alla legalità si pone non soltanto come premessa culturale indispensabile ma anche come sostegno operativo quotidiano, poiché soltanto se l’azione di lotta sarà radicata saldamente nelle coscienze e nella cultura dei giovani, essa potrà acquisire caratteristiche di duratura efficienza, di programmata risposta all’incalzare temibile del fenomeno criminale. […]

Rappresenta quindi […] anche una verifica operativa di un processo formativo che è destinato a creare, in tutti i cittadini, una forte cultura civile e ad inserire nel circuito democratico persone sempre più coscienti dell’importanza che, per la vita del Paese, rivestono la correttezza dei rapporti giuridici, la salvaguardia dei diritti individuali, il rifiuto di qualsiasi forma di contiguità tra società del diritto e società della sopraffazione.

Educare alla legalità significa elaborare e diffondere una autentica cultura dei valori civili. Si tratta di una cultura che:

– intende il diritto come espressione del patto sociale, indispensabile per costruire relazioni consapevoli tra i cittadini e tra questi ultimi e le istituzioni;

– consente l’acquisizione di una nozione più profonda ed estesa dei diritti di cittadinanza, a partire dalla consapevolezza della reciprocità fra soggetti dotati della stessa dignità;

– aiuta a comprendere come l’organizzazione della vita personale e sociale si fondi su un sistema di relazioni giuridiche;

– sviluppa la consapevolezza che condizioni quali dignità, libertà, solidarietà, sicurezza, non possono considerarsi come acquisite per sempre, ma vanno perseguite, volute e, una volta conquistate, protette.

Un itinerario formativo di tal genere deve proporsi in primo luogo la valorizzazione della posizione/responsabilità della scuola, intesa come terreno privilegiato di cultura per qualsiasi attività educativa.

Peraltro il ruolo centrale della scuola appare ancor più evidente rispetto alla finalità di educare i giovani alla legalità, in considerazione del fatto che la scuola è normalmente la prima fondamentale istituzione, dopo la famiglia, con cui essi si confrontano e su cui misurano immediatamente l’attendibilità del rapporto tra le regole sociali e i comportamenti reali.

Infatti per i giovani le istituzioni si presentano con il volto della scuola.

E’ necessario allora che la scuola offra ai giovani l’immagine coerente di “luogo” dove i diritti e le libertà di tutti, nel reciproco rispetto, trovino spazio di realizzazione, dove le aspettative dei ragazzi ad un equilibrato sviluppo culturale e civile non vengano frustrate.

In questa prospettiva vanno particolarmente sottolineati i rapporti che si instaurano all’interno della comunità classe. Una valutazione del rendimento scolastico ispirata a criteri di trasparenza, coerenza, equità e solidarietà, può, ad esempio, costituire in molti casi una lezione di legalità più efficace di tante parole. […]”

Un’educazione alla legalità parte, quindi, dall’assunzione di un adeguato atteggiamento in ogni nostro atto quotidiano, abbandonando l’abitudine purtroppo invalsa di cercare di “addomesticare” le norme, piccole e grandi, che regolano i nostri rapporti, dentro e fuori la scuola, nella convinzione, più o meno consapevole, che in fondo non sia poi così grave violare le regole nelle piccole cose.

Un atteggiamento di questo tipo tende a far dimenticare che “i bambini ci guardano” ed imparano ben più da ciò che facciamo che non da ciò che cerchiamo di insegnare loro attraverso le modalità formali. Nessuno può seriamente chiedere ad un bambino di rispettare regole che egli stesso viola.

Legalità significa, ad esempio, rispetto consapevole e partecipato delle regole che la comunità scolastica si è data attraverso i suoi organi (Consiglio d’Istituto, Collegio Docenti): dall’orario di ingresso e di uscita, alle norme sull’uso dei cellulari a scuola, alle varie disposizioni che vengono ricordate costantemente dalle circolari interne, il cui rispetto si può ottenere soltanto con una positiva alleanza tra scuola e famiglie, tra genitori, docenti e personale non docente. 

Può sembrare banale insistere su queste piccole regole, ma forse è opportuno ricordare che anche in questo caso vale la massima per cui  “chi è fedele nel poco lo sarà anche nel molto” (lc. 16, 10).




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